26/01/2021 TRIESTE – LA STORIA DEL FIUMANO EROE DELLA RIVOLTA DEI SONDERKOMMANDO || Telequattro trasmetterà in diretta, domani a partire dalle 11, la cerimonia del Giorno della Memoria, che si terrà, quest’anno, a porte chiuse.
Su “Robinson”, il supplemento culturale de “la Repubblica” in edicola questa settimana, Marcello Pezzetti, storico della Shoah, per ricostruire quanto accadde il 17 ottobre del 1944 nel cortile del Krematorium IV di Auschwitz Birkenau, racconta la storia di una famiglia fiumana, quella di Nicolò Sagi, che partecipò alla rivolta, disperata, dei prigionieri che si rifiutarono di essere trasferiti in un altro campo (ovvero, di essere uccisi), e colpirono i tedeschi con quanto avevano sottomano, scatenando la rappresaglia da parte dei nazisti.
I rivoltosi, fra cui Sagi, facevano parte dei SonderKommando, piccole squadre di prigionieri che in sostanza dovevano occuparsi della liquidazione dei cadaveri dai forni crematori: dopo aver accompagnato le vittime ai forni, dovevano raccogliere i loro indumenti, estrarre i denti d’oro e le protesi, tagliare i capelli alle donne, quindi sminuzzarne le ossa, gettarne le ceneri nella Vistola, ripulire le camere a gas e imbiancarle nuovamente. Ad Auschwitz Birkenau il loro compito era ancor più straziante: dovevano infatti estrarre i cadaveri delle persone uccise dalle camere a gas, portarli alle fosse scavate nei dintorni del campo, seppellirli e successivamente bruciarli a cielo aperto.
Nicolò Sagi era nato in Ungheria nel 1896, e dopo essersi sposato con una cattolica convertitasi, raggiunse il padre a Fiume. Ebbe un figlio nel 1925. Internato in Campania nel 1940, ritornò a Fiume dopo l’8 settembre. Ottenuti i documenti per lasciare l’Italia, si rifiutò di abbandonare la madre. Tradita, la famiglia Sagi venne internata in Risiera: Nicolò, il figlio Luigi e l’anziana madre partirono per Auschwitz il 29 marzo del 1944; la moglie, considerata ariana, restò a San Sabba fino alla liberazione.
Arrivati al campo, la madre fu inviata subito alle camere a gas, Nicolò venne inserito nel SonderKommando, Luigi fu sottoposto alle sperimentazioni del dottor Mengele e gli venne iniettato il tifo. Che aveva già contratto, per cui sopravvisse.
Prima della rivolta, che si concluse con l’incendio del Kematorium , la morte dei prigionieri che vi si erano rifugiati e l’esecuzione dei superstiti, Nicolò Sagi rivide, per l’ultima volta, il figlio. Un incontro di cinque minuti.
Non è dato conoscere i particolari della morte di Nicolò Sagi: il figlio Luigi, scrive Pezzetti, portò sempre con sé il ricordo della rivolta: gli spari e le urla disperate, fra cui, di certo, anche quelle del padre, una persona generosa che morì da eroe. (Servizio di Umberto Bosazzi)